
Come Across
Yong Nam Kim
Curated by
Maria Vittoria Baravelli
Esistono oggetti che accolgono, oggetti che trattengono e oggetti che restituiscono. Quelli di Yong Nam Kim sembrano fare tutto questo insieme. Nell’opera dell’artista sudcoreana, il mobile non è un semplice elemento funzionale, ma un tramite simbolico e poetico attraverso cui dare corpo all’invisibile: ricordi, emozioni, genealogie culturali. Yong Nam Kim possiede la rara capacità di rendere la propria cultura qualcosa di profondamente personale e, al tempo stesso, universale. Le sue opere nascono da un radicamento forte nella tradizione, ma si aprono con grazia e forza al mondo, diventando linguaggi condivisi. Ha iniziato la sua carriera come artista partecipando alla 9ª Gwangju Design Biennale nel 2021, dove ha vinto il Gwangju Biennale Opencall. Nel corso del tempo ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio della Biennale di Architettura, e le sue creazioni sono state scelte come doni ufficiali dalla Repubblica di Corea al Presidente della Repubblica Socialista del Vietnam, al Re del Regno Unito e al Presidente della Repubblica Francese: simboli diplomatici che portano con sé un messaggio di bellezza, memoria e dialogo. La mostra “Come Across”, ospitata alla Galleria Rossana Orlandi durante la Milano Design Week 2025, si presenta come un attraversamento. Non solo di uno spazio fisico, ma anche – e soprattutto – di una dimensione intima, personale e collettiva. Il titolo stesso suggerisce un incontro, forse inaspettato, tra l’osservatore e ciò che rimane. Ogni opera nasce da un pensiero scritto, da una riflessione che prende corpo. I mobili diventano così organismi tridimensionali, contenitori che custodiscono l’anima, torri di vetro e metallo che, come pagode contemporanee, celebrano un rito silenzioso. “Pagoda Oseck” apre il percorso espositivo con cinque contenitori trasparenti in equilibrio: evocazione dei cinque elementi, dei cinque colori, delle cinque direzioni del pensiero orientale. Il vetro, scelto non solo per la sua fragilità ma per la sua trasparenza, rappresenta il vuoto come valore, come spazio abitato da ciò che non si vede. Il gesto artistico di Yong Nam Kim è anche un gesto culturale e politico: reinterpretare armadi e contenitori della tradizione popolare coreana significa riflettere sulle strutture sociali che ancora oggi definiscono ruoli, desideri, obblighi. Gli Ham, armadi per la dote femminile, vengono svuotati, resi trasparenti, incisi con piante e uccelli, e così liberati. La memoria personale dell’infanzia dell’artista si intreccia con quella collettiva, suggerendo un senso del sacro e del rituale che è più istinto che dichiarazione. Nel lavoro di Kim, la fatica e la ripetizione diventano linguaggio. La tecnica di laccatura tradizionale sudcoreana Ottchil è al tempo stesso processo e testimonianza: dalla linfa dell’albero Ott nasce una superficie preziosa, levigata con pazienza estrema. La materia si trasforma, così come il tempo. La mostra si chiude con Reflection 2, una grande installazione composta da cinque armadi di vetro e da un sesto elemento, un pezzo rosso antico posto in fondo. Una composizione che mette in dialogo trasparenza e opacità, contemporaneità e passato, fragilità e permanenza. In questo culmine del percorso espositivo, la tensione tra ciò che si mostra e ciò che si custodisce crea una sospensione quasi meditativa, in cui lo spettatore è chiamato non solo a guardare, ma a riflettersi. Attraversare “Come Across” significa allora fare esperienza di un incontro con la materia che ci parla di assenza, presenza, desiderio. Di un design che non decora, ma interroga. Di un oggetto che non si limita a contenere, ma ci contiene. Testo di Maria Vittoria Baravelli
There are objects that welcome, objects that hold, and objects that give back. The works of Yong Nam Kim seem to do all of this at once. In the South Korean artist’s practice, furniture is not a mere functional element, but a symbolic and poetic medium through which to give shape to the invisible: memories, emotions, cultural genealogies. Yong Nam Kim possesses the rare ability to make her culture deeply personal while opening it up to a universal gaze. Her works are rooted in tradition, yet they expand gracefully and powerfully outward, becoming a shared language. She began her career as an artist by participating in the 9th Gwangju Design Biennale in 2021, where she was awarded the Gwangju Biennale Opencall Winner. Over time, she has received multiple accolades, including a prize from the Biennale of Architecture. Her creations have also been selected as official state gifts by the Republic of Korea for the President of the Socialist Republic of Vietnam, the King of the United Kingdom, and the President of the French Republic – diplomatic symbols carrying a message of beauty, memory, and dialogue. The exhibition Come Across, hosted at Galleria Rossana Orlandi during Milan Design Week 2025, is conceived as a passage – not only through a physical space, but also, and above all, through an intimate, personal, and collective dimension. The title itself suggests an encounter, perhaps unexpected, between the viewer and what remains. Each piece begins with a written thought, a reflection given physical form. The furniture becomes three-dimensional organisms, vessels that guard the soul – glass and metal towers that, like contemporary pagodas, celebrate a silent ritual. Pagoda Oseck opens the exhibition with five transparent containers in balance: an evocation of the five elements, five colors, and five directions of Eastern philosophy. Glass, chosen not only for its fragility but also for its transparency, represents emptiness as a value, as a space inhabited by what cannot be seen. Yong Nam Kim’s artistic gesture is also a cultural and political one: to reinterpret traditional Korean cabinets and storage forms is to reflect on the social structures that still shape roles, desires, and obligations. The Ham – wardrobes once used for bridal dowries – are emptied, made transparent, engraved with plants and birds, and thus liberated. The artist’s personal childhood memories intertwine with collective memory, suggesting a sense of the sacred and of ritual that feels more instinctual than declared. In Kim’s work, effort and repetition become language. The traditional Korean lacquer technique known as Ottchil is both process and testimony: from the sap of the Ott tree emerges a precious surface, polished with extreme patience. The material transforms, just as time does. The exhibition concludes with Reflection 2, a large installation composed of five glass wardrobes and a sixth element: an antique red piece placed at the far end. This composition invites reflection on the dialogue between transparency and opacity, past and present, fragility and permanence. At this final moment in the exhibition, the balance between what is shown and what is held creates a meditative suspension in which the viewer is not only invited to look – but to be reflected. To cross Come Across is to experience an encounter with matter that speaks to us of absence, presence, and desire. Of a design that does not decorate, but questions. Of an object that does not merely contain – but contains us. Text by Maria Vittoria Baravelli